*tesseramento € 2,00 da effettuare al botteghino
Domenica 20 Marzo ore 20.30, è di scena al Teatro Madrearte la Compagnia Rena Libre con Scarpe di Mizan-Traversata sulla fuga e altri fossi, scritto a quattro mani da Daniele Marino e Marina
Cavaliere. Lo spettacolo, interpretato e diretto dallo stesso Marino, s’interroga sulla condizione dell’emigrato, osservando la società e i tanti sbarchi clandestini alla ribalta delle cronache negli
ultimi tempi.
Si racconta la traversata intrapresa da un giovane profugo che vaga per l’Europa alla ricerca di salvezza. Un' Europa che diventa per lui la scoperta di un mondo indifferente e violento, ricco di
speranze e di falsi miti, specchio di una società distratta, mirata alla globalizzazione dell’individuo, anche a costo della sua libertà personale. La storia di Mizan, che affonda le radici in una
realtà sempre più attuale ed urgente, si sostanzia, nel lavoro di Daniele Marino, di una materia simbolica che la trasforma in un dichiarato gioco teatrale. All’interno di una narrazione serrata che
prende le distanze dalla speculazione dei media sull’argomento, si palesa l'impossibilità di rappresentare in teatro un tema come l'immigrazione. Ciò che viene raccontato è un emblematico viaggio
d'iniziazione alla ricerca di sé e dell'Altro mediante il corpo, le parole e i pochi oggetti in scena che sono assurti a simulacri, simboli estremi del continuo peregrinare.
Scarpe di Mizan è un sincero ed intimo racconto di un'esistenza-resistenza che attraversa ogni tempo e ogni luogo, offrendo una chiave di lettura poetica sulla figura dell'errante, del migrante e
dell'attore, anch'egli clandestino in un mondo spesso poco sensibile all'arte.
Note di regia
«Mizan ha vent’anni. È scappato dal suo paese con la speranza in uno zaino. L’Europa è davanti: sogno e castigo. Indossare le sue scarpe significa testimoniare il suo viaggio, la metamorfosi del
ragazzo che non è più, manichino ormai alla deriva, maschera rinvenuta dal Mediterraneo, distaccandosi per un momento dalla sola immagine che arriva dai media. Lasciarlo sulla scena a tracciare nuove
rotte possibili. Pedina estrema, senza possibilità di scelta, dove si è disposti a tutto pur di toccare con un dito un'altra possibile esistenza. Un confine immateriale ci divide sempre. Tutti
migriamo verso qualcosa d'irraggiungibile imparando a saltare fossi. Il teatro forse può ridefinire questa condizione, questa eterna distanza, abbreviarla. Dando corpo e nuova voce ad un essere che
non vediamo, eppure è seduto accanto a noi. Figura in perenne movimento, in cammino sull’Europa desolata e le parole».