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Teatro In Fabula ritorna in scena al Teatro Madrearte con All’apparir del vero. Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte, scritto e diretto da Antonio Piccolo, che è anche protagonista con Melissa Di Genova. Uno speciale omaggio al poeta de “L’infinito”.

Secondo testo di Antonio Piccolo dopo “Emone” (vincitore del Premio PLATEA di Nuova Drammaturgia, pubblicato da Einaudi e messo in scena dai Teatri Nazionali di Napoli, Roma e Torino), la pièce ha per protagonisti Giacomo Leopardi e la Morte, nell’ultima ora di vita del grande poeta.

Dalle note dell’autore: «Sul mio manuale del liceo la biografia di Leopardi finiva più o meno così: “a 39 anni lo colse finalmente la morte, a lungo invocata”. (…) come può un uomo così vitale detestare davvero l’esistenza al punto da invocare seriamente la propria fine? Qui comincia il gioco, ossia il play, ossia il teatro. Se la Morte, con un pretesto, comparisse di fronte a Leopardi e quasi tentasse di fargli cambiare idea? Il poeta, in fondo, ha amato la vita! E se portasse come “prove documentali” della propria tesi le sue stesse parole? (…) Come se fosse un’operetta morale apocrifa, ho dunque immaginato il “Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte”. E ho anche ritrovato un vecchio amico: il poeta che ho amato sin da ragazzo».

Uno spettacolo che mescola toni brillanti e momenti di commozione, realtà e finzione, riferimenti storici e invenzioni surreali, con una ricerca letteraria mai fine a se stessa. Non a caso, l’opera si è aggiudicata il III posto al Premio nazionale di drammaturgia Scena&Poesia, e per l’occasione è stato pubblicata in un volume da Ladolfi Editore.

 

con Melissa Di Genova e Antonio Piccolo
testo e regia di Antonio Piccolo

aiuto regia: Giuseppe Cerrone, Marco Di Prima
disegno luci: Giuseppe Cerrone
addetta stampa: Gabriella Galbiati
foto di scena: Gennaro Manzo | Federico Cappabianca, Flavio Ricci | Antonio Buonanno
video: Federico Cappabianca, Flavio Ricci

 

 

Sinossi

Torre del Greco, 14 giugno 1837. Casa di Giacomo Leopardi. Il poeta è intento a comporre “La ginestra”, forse ultima opera, quando un misterioso individuo, mascherato e vestito di nero, lo interrompe. Chi è? Un buffone o davvero la Morte, come dice? Convinto dalle sue prove schiaccianti, Leopardi esulta, contento di spirare… La delusione, però, è dietro l’angolo: la Morte non è qui per portarlo via, ma perché ha bisogno della penna del grande scrittore per indirizzare una lettera all’umanità…

 
Note dell’autore

Sul mio manuale del liceo la biografia di Leopardi finiva più o meno così: “a 39 anni lo colse finalmente la morte, a lungo invocata”. Bam! Niente di nuovo, verità risaputa, eppure mi stonava. Come può un uomo che – pur lamentandosi del dolore del mondo, delle miserie umane, della crudeltà della natura –  ha viaggiato in lungo e in largo per l’Italia (senza “alta velocità” e nemmeno automobili), ha amato le donne, il cibo, ha cambiato in continuazione generi letterari, scritto ininterrottamente… come può un uomo così vitale, insomma, detestare davvero l’esistenza al punto da invocare seriamente la propria fine?

Qui comincia il gioco, ossia il play, ossia il teatro. Se la Morte, con un pretesto, comparisse di fronte a Leopardi e quasi tentasse di fargli cambiare idea? Il poeta, in fondo, ha amato la vita! E se portasse come “prove documentali” della propria tesi le sue stesse parole?

E come potrebbero parlare questi due personaggi? La Morte in prosa, per quanto elegante; Leopardi, naturalmente, in versi (ma non endecasillabi e settenari: non avrei potuto reggere il confronto con il meraviglioso originale).

Come se fosse un’operetta morale apocrifa, ho dunque immaginato il “Dialogo di Giacomo Leopardi e della Morte”. E ho anche ritrovato un vecchio amico: il poeta che ho amato sin da ragazzo.

 

 

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